Il “Covid divide” (in inglese) e il Covid che divide (in italiano) e “allontana” le persone, fra distanziamento sociale e allargamento delle disuguaglianze
Il Covid ha “allontanato” le persone. E non solo per il necessario distanziamento sociale da mantenere per tutelare la salute, ma anche per l’allargamento delle diseguaglianze, a più livelli, che ne è derivato. Lo ha raccontato il Cnel in una “fotografia” del lungo periodo di lockdown che abbiamo trascorso, evidenziando come le misure adottate dai Governi e dalle autorità mediche abbiano avuto impatti differenti sulle persone, in base a numerosi indicatori come reddito e ricchezza individuale e familiare, genere e condizione sociale, dimensione e caratteristiche dell’abitazione e numero di residenti in casa, dotazione tecnologica e ricreativa, tipologia e livello di collegamenti digitali a disposizione, condizione lavorativa e così via.
IL COVID “CHE DIVIDE” (IN ITALIANO)
Il Covid ha “allontanato” le persone. E quindi possiamo parlare di Covid che “divide” (da leggersi in italiano), perché siamo stati costretti a stare distanziati per tutelare la nostra salute e oggi sembriamo più lontani l’uno dall’altro, perché (temo) incattiviti o perché siamo più fragili e vulnerabili a causa dell’impatto psicologico di come è cambiata la nostra quotidianità.
IL COVID “DIVIDE” (IN INGLESE)
Il Covid ha “allontanato” le persone. E quindi “ci sta” anche parlare di “Covid divide” (da leggersi in inglese), perché il virus anche quando non ha necessariamente “creato” nuovi problemi ha comunque sicuramente “ampliato” quelli esistenti, rimarcando ad esempio l’esistenza di macroscopiche diseguaglianze sociali, tanto quelle determinate dalla differenza economica e sociale e dalla tipologia di abitazione o dal comfort in cui si vive, quanto quelle fra chi per professione ha potuto utilizzare lo smartworking senza essere costretto a recarsi sul posto di lavoro con rischi per la salute.
DISTANZE DI GENERE
La pandemia, come ha raccontato lo studio del Cnel, ha evidenziato la fragilità dei contratti precari, a tempo determinato o non contrattualizzati e quindi impossibilitati ad accedere alle integrazioni del reddito messe in campo in questi mesi. E ha ampliato le distanze di genere non solo per i casi di violenza domestica che data la convivenza forzata sono aumentati, ma anche in termini di solidità economica per le maggiori o minori opportunità professionali a disposizione.
DISTANZE FRA GENERAZIONI
Sono aumentate un po’ tutte le differenze: quelle tra generazioni, tra metropoli e campagna, tra Nord e Sud, quelle digitali per lo svolgimento dello smartworking tra le famiglie che possedevano le dotazioni adeguate a far accedere i propri figli alle lezioni on line e quelle invece impossibilitate a garantire la didattica a distanza.
DISTANZE TECNOLOGICHE
La pandemia ha rivelato che troppo della nostra quotidianità dipende dallo spazio e dal livello di confort a disposizione nel quale si vive. E che oltre un quarto degli italiani vive in condizione di sovraffollamento abitativo: la mancanza di privacy e spazi per muoversi e praticare attività fisica può infatti compromettere la salute, appesantire il lavoro in smartworking e lo studio per chi deve partecipare alla didattica a distanza.
DISTANZE FRA CLASSI SOCIALI
Il Covid sembra inoltre aver determinato lo scivolamento verso il basso della classe sociale di appartenenza, sia di chi si sentiva parte del ceto medio e ora avverte di aver perso stabilità e prospettive di futuro come ad esempio partite Iva, commercianti, alcune tipologie di professionisti e impiegati, sia di chi si colloca nel ceto medio basso, aveva un lavoro precario o a tempo determinato e ora si sente ulteriormente fragile.
INCERTEZZA DEL DOMANI
Il tema del futuro, delle attese per la condizione di vita e reddituale della famiglia, nonché per il domani dei figli, mostra quindi una contrazione dei livelli di stabilità, serenità e certezza. E l’incertezza, come ricorda il sociologo Zygmunt Bauman, è “più terrificante e minacciosa che mai“ perché è alla base di un processo che genera altra insicurezza e arriva a produrre odio con il bisogno di scaricare quest’ultimo su un nuovo capro espiatorio.
SU CHI SCARICARE LE COLPE?
Il Covid è intervenuto quindi, più in generale, in un quadro di tensioni, accumulo di odio sociale e ricerca di soggetti su cui scaricare le colpe già a un discreto livello di densità. I livelli di paura aumentati hanno fatto sì che gli ingredienti per lo sviluppo di una fase di tensione sociale ci fossero tutti, e infatti sono venuti fuori.
PARADIGMI CULTURALI E STILI ESISTENZIALI
Il virus ha inciso su alcuni paradigmi culturali, sociali e politici, e sugli stili esistenziali, comportamentali e di consumo. Ha intaccato la struttura sociale del Paese, portando a un ulteriore smottamento del ceto medio e a un ennesimo allargamento della forbice tra le classi sociali.