L’economia italiana all’indomani (all’indomani?) del Covid
Il Covid-19 ha determinato una crisi senza precedenti per l’economia italiana, non solo in termini “semplicisticamente” quantitativi ma anche in termini qualitativi per la “asimmetria” del sistema produttivo . A fornire un quadro dell’economia italiana all’indomani (… “all’indomani” ?) del Covid è l’ultimo rapporto Cerved sulle Pmi italiane. La pandemia ha avuto conseguenze fortemente diversificate, da una parte colpendo pesantemente i settori più esposti alle misure di contenimento imposte dal lockdown come ad esempio la ristorazione, il turismo, gli alberghi, i trasporti, l’ingrosso e il dettaglio non alimentare e il sistema moda, dall’altra incidendo meno significativamente su altri comparti o addirittura stimolandone positivamente alcuni, come la filiera farmaceutica, il commercio online e l’industria agroalimentare.
L’impatto della pandemia
Secondo il report, il Centro Italia risulta l’area geografica con la quota maggiore di imprese operanti nei settori più colpiti dal Covid (il 24% in termini di fatturato), seguito dal Mezzogiorno (19,5%), che però fa registrare anche le percentuali più alte di imprese stabili o in crescita (14,8%). Anche Nord-Est e Nord-Ovest presentano incidenze molto elevate nei settori colpiti dalla crisi pandemica, con una contrazione delle vendite inferiore al 20%. In media, il fatturato delle PMI italiane è atteso in calo del 10,6% tra 2019 e 2020. A causa della maggiore o minore esposizione allo shock Covid secondo la specializzazione produttiva, gli effetti della pandemia risultano più severi tra le PMI del Centro Italia, con un calo dei ricavi pari all’11,6%, seguono Nord-Est (-10,7%) e Nord-Ovest (-10,5%), mentre nel Mezzogiorno si registra una flessione più contenuta (-9,4%).
Mancati pagamenti
Nonostante impatti in media comunque consistenti, il sistema delle PMI italiane sembra aver finora sostanzialmente tenuto, grazie al lungo processo di rafforzamento patrimoniale e finanziario compiuto in tutta Italia nel precedente decennio e al massiccio impiego di misure emergenziali adottate dal Governo. I dati sulle abitudini di pagamento delle imprese italiane indicano che durante il lockdown i mancati pagamenti delle PMI sono prima esplosi in tutta la Penisola e poi, con la ripresa dell’attività economica e la progressiva operatività del Decreto Liquidità sono tornati più o meno alla normalità. Il momento più difficile è stato a maggio 2020, quando le PMI meridionali non hanno saldato il 55% del valore delle fatture in scadenza o già scadute, un dato in forte crescita rispetto al 42% di dicembre 2019. Anche nel resto del Paese l’indicatore si è impennato passando dal 38% al 51% nel Centro Italia, dal 31% al 41% nel Nord-Ovest e dal 27% al 36% nel Nord-Est. A fine 2020 il volume dei mancati pagamenti è invece ritornato su livelli simili al 2019.
Profili di rischio
Queste situazioni di forti difficoltà si riflettono evidentemente sui profili di rischio delle aziende: la quota di PMI a rischio sale in termini di media nazionale al 28% nei settori più colpiti dal Covid, con quote pari al 36,5% nel Mezzogiorno, al 29,4% nel Centro, al 26,9% nel Nord-Ovest e al 20% nel Nord-Est. In particolare, la presenza di PMI con un concreto rischio di default nel prossimo anno supera i due terzi tra le società che organizzano fiere e convegni, seguite dai ristoranti (il 40% è ad alta probabilità di fallimento, rispetto al 17,3% pre-covid) e dagli alberghi (un terzo circa, anche in questo caso con evidenti gap tra il Nord-Est al 20,7% e il Mezzogiorno al 46,6%).
Occupazione
L’impatto del Covid sull’occupazione è vicino a quello stimato dall’Istat, con una perdita complessiva prevista di posti di lavoro tra fine 2019 e fine 2021 di circa 1,3 milioni di unità, pari all’8,2% del totale dei 16 milioni di addetti nelle imprese prima dell’emergenza. A livello territoriale, le perdite più consistenti in termini relativi sono nel Mezzogiorno (320 mila, – 8,4%) e nel Centro Italia (289 mila, -8,9%).
Il PNRR come strumento di rilancio dell’economia
Il rapporto Cerved evidenzia come la grande opportunità di rilancio per il sistema delle imprese italiane sia rappresentata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), con tre priorità trasversali ben identificate: quella territoriale, rappresentata dal Mezzogiorno, quella di genere e cioè le donne, e quella generazionale, vale a dire i giovani. Per risultare davvero efficace il PNRR richiede però il preventivo completamento delle grandi riforme previste, e cioè quelle della pubblica amministrazione, del fisco e del lavoro, oltre a un maggiore impulso sul fronte della partnership tra pubblico e privato.
Prima le grandi riforme
Il tema delle grandi riforme appare quindi non solo fondamentale e necessario, ma addirittura propedeutico all’attuazione del PNRR. Non avrebbe senso cioè parlare di soldi se non prevedendo bene prima “dove”, “come” e con quali “regole” spenderli. Solo dopo aver creato nuovi percorsi virtuosi all’interno dei quali impiegare bene le risorse, sarà possibile dunque investire bene i fondi: il rischio altrimenti è quello di mettere un tesoro in una ‘pentola bucata’, non solo utilizzando male le risorse ma addirittura peggiorando la situazione e sprecando i fondi.