Da trigger warning a mansplaining. Dizionario minimo per dialoghi da ombrellone. Dieci parole di tendenza o meglio trendy
Trigger warning, mansplaining, cis, schwa, woke, catcalling, virtue segnaling, gender gap, cancel culture – tutte rigorosamente in inglese – sono espressioni necessarie per i dialoghi da ombrellone. Qui di seguito un brevissimo, inesaustivo, impreciso dizionario minimo, con poche sciocche avvertenze e qualche spunto di conversazione.
Premessa: il territorio è per lo più quello del politicamente corretto, tema del momento, più di quanto forse meriterebbe rispetto ai temi economici e ancor più dell’istruzione, perché – con tutto il bene per le paladine delle minoranze – la discriminazione più forte resta quella economica e – volendo scavare al fondo – quella relativa a un senso lato di accesso alla formazione e alla “cultura”. Subisce di certo più discriminazioni il tedesco bianco, maschio, etero, ma barbone costretto a vivere per strada, che il nero Obama, l’effeminato Bolle, la pansessuale Gianna Nannini.
Ecco già un primo piccolo argomento per favorire la dialettica da spiaggia, ma veniamo al punto, o meglio ai punti.
Sul gender gap di base si è tutti d’accordo e consci del significato. Indica le differenze e la distanza di genere, le discriminazioni di base a vantaggio del maschio rispetto alla femmina, inteso come genere umano. Tema serissimo. Ricca la letteratura e la produzione scientifica, meno estesa quella legislativa, oltre che uno sguardo a spettro più ampio.
Che una netta distinzione di ruoli, maschio femmina, in periodi passati abbia negato – e ancora neghi – tanto alle donne è indubitabile e tanto rimane da fare, che tuttavia quella gabbia sociale abbia mietuto vittime anche tra chi doveva avere un ruolo maschile specifico (controllare cosa facesse la sorella/cugina senza averne nessuna voglia, vendicare l’offesa da marito tradito per pressione sociale invece che per intima volontà – al netto dei madrigali, per fare due esempi facili) è poco detto. Oltre alle vittime di femminicidio, tante, troppe, mai abbassare la guardia, c’è un altro numero che a mente fredda e serena andrebbe sempre tenuto in conto: il numero di suicidi di mariti abbandonati. Due facce della stessa medaglia, non vi è dubbio che il centro è la discriminazione contro le donne, ma il tema potrebbe essere allargato e forse darebbe una prospettiva più complessa. Il giogo di un modo univoco, rigido, di intendere ruoli, funzioni, responsabilità. Laddove invece ciascuno cerca – e se è fortunato trova – con chi condividere un modo di condurre tanta parte dell’esistenza vicini, per intima convinzione più che per stereotipi. E l’istruzione ben fatta, che permette di sviluppare senso critico e di reagire a separazioni in maniera meno drammatica, c’entra moltissimo, come quasi sempre accade.
Il primo che dovesse reagire ritenendo questo argomento discriminante per le donne sarà opportuno appellarlo “femminuccia”, così da riaprire altre e cicliche reazioni ad uso per la più banale delle provocazioni.
Meno noto è il significato di Trigger Warning, si tratta in buona sostanza di avvisi contenuti nei libri o comunque nelle opere, che mettono in guardia gli animi più sensibili dalla crudezza che potrebbe rilevarsi da lì a seguire. Il lupo bussò alla porta della nonna e.. “trigger warning”! Attenzione che se sei sensibile o suscettibile sta per succedere qualcosa di brutto-brutto, io ti ho avvisato, valuta tu se proseguire nella lettura. L’ipocrisia paternalistica di questa modalità di intendere le cose é di ispirazione bigottostatunitense, ma sta prendendo piede anche da noi. Il processo potrà dirsi compiuto quando ogni famiglia avrà in casa libri con tanti trigger warning che avvisano su pagine scritte che potrebbero risultare cruente e a fianco, nel cassetto, la pistola già pronta con il colpo in canna. A Voghera pare che qualcuno si sia portato avanti con il programma (qui se qualcuno coglie ne nasce subito una decisa deviazione della conversazione).
Mansplaining é una espressione vicina alla saccenza, ma anche qui c’entra il genere, indica infatti letteralmente un uomo che spiega tendenzialmente cose banali o delle quali chi ascolta – una donna – ne sa magari più di lui, ma lui lo fa con un tono superiore, paternalistico. É talmente di tendenza che quel giovane genio di Valerio Lundini ha intitolato il tour che sta per fare per teatri “Il mansplaining spiegato a mia figlia”, con un gioco di parole e di senso che riapre speranze verso una generazione per lo più arresa al trap e a formule banali, spesso poco pensate o per nulla originali. (L’ultimo capoverso é volutamente e forzatamente contro i giovani, con la speranza che qualcuno smetta con l’accondiscendenza a prescindere per la bella età, come se questo bastasse a sentirsi forever-young).
Cis o anche Cisgender è definizione figlia di un ragionamento mica banale, se fosse un tuffo si tratterebbe di un olimpionico triplo carpiato con avvitamento laterale. Indica sostanzialmente chi sta bene, sta in pace, con il proprio corpo o meglio con il proprio sesso biologico. Quasi come se si trattasse del contrario di Trangender. A chi scrive non è chiaro in cosa si differenzi da etero, al netto di aver creato una parola nuova (come binario) che mette sotto una diversa luce la questione. Sarà perché è una parola inglese, fa trendy, of course.
Schwa, tecnicamente sarebbe questo segno qua “ə”, che si può pronunciare con un suono che sta tra la “a” e la “o”, o anche come il suono muto di vocali mancanti in tanti dialetti, a cominciare da quelli campani, pensate a mamm-ta, il trattino suona simile al segno schwa. Rappresenta una delle forme più recenti usata da chi ritiene che maschile e femminile siano generi insufficienti a spiegare la vastità dell’universo umano e che così per – dal loro punto di vista – difendere, proteggere, farsi paladin* (l’asterisco è un precursore in questa stessa direzione) di minoranze spesso vittime di discriminazione, violenze, finiscono per usare violenza contro la lingua italiana (ditelo così che qualche seguace della Murgia sempre si incontra e potrete stimolare di sicuro un vivace dibattito).
Woke sta letteralmente per svegliato, implica una sorta di orgoglio di stampo progressista di appartenere a un gruppo più o meno esteso di persone che lotta per uguaglianza e diritti, specie di chi più spesso è vittima di discriminazione. Nato con le migliori intenzioni negli Stati Uniti post trumpiani (in un senso anche un po’ autoassolutorio per elettori che prima di Biden si erano concessi quel popo’ di Presidente) finisce o sta finendo per diventarne una parodia. Quanto più si carica la forma di significato in luogo della sostanza (es. è più importante chiamare una ingegnere ingegnera o assicurarsi che abbia stesse opportunità di carriera? Sì, le due cose andrebbero assieme ma caricando di molto la prima si finisce per esaurire le giuste energie da destinare alla seconda finalità, di base più sostanziale. Ecco, provate a dire così, dialettica garantita, di più a Capalbio).
Catcalling implica già un discorso più serio, in quanto fa riferimento a molestie verbali solitamente subite da donne per strada (dal fischio a commenti più o meno pesanti sostanzialmente sull’aspetto fisico). Da indagare restano i confini, sia in relazione a chi lo esercita, a come lo esercita, a se vale anche da donna a uomo, da donna a donna e così via. La questione è in questo caso molto seria davvero, ma pensare di affidare tutte le soluzioni solamente al legislatore – come suggerisce qualcuno – è autoassolutorio e spesso poco incisivo. Spazio di dialogo ce n’è.
Cancel Culture è “un’espressione ormai diffusa negli Stati Uniti che indica la tendenza – accentuatasi molto negli ultimi anni sui social network, soprattutto nelle persone di sinistra, nei giovani e tra gli attivisti anti-razzisti – ad attaccare collettivamente persone famose di cui emergono comportamenti, idee o dichiarazioni ritenute sbagliate e offensive, indipendentemente dall’entità e dal fatto che siano attuali o molto antiche, chiedendo punizioni immediate come il loro licenziamento o boicottaggio” dice come al solito in maniera chiara e puntuale uno dei migliori centri di informazione in rete, ovvero IlPost diretto da Luca Sofri.
Anche qui per questo fantastico neologismo tocca ringraziare una deriva del politicamente corretto, che evidentemente affonda le radici in una distinzione manichea che rischia di avere punte di contatto con certi regimi autoritari giustapposti. Prendetevi il facile lusso di citare le numerose (a occhio prevalenti) espressioni artistiche, le persone, di tutti i tempi che univano/uniscono alla capacità di produrre opere straordinarie condotte private spesso per nulla irreprensibili. Si consiglia, tra gli altri, di citare Celine per il passato (fa sempre effetto) e Woody Allen per il contemporaneo. Se serve alzare il tiro o introdurre altri possibili interlocutori virare rapidamente verso Caravaggio e Maradona.
Virtue segnaling é una espressione negativa che si riferisce al diffuso costume di esprimere fino a ostentare la propria aderenza a valori etici encomiabili, assai elevati, salvo non fare nulla di coerente poi sul piano pratico. I leoni da tastiera, quando non odiano altri, sono impegnati nell’autoadorazione, attraverso commenti del tipo: come si fa ad abbandonare un gattino così? Io credo che ci voglia da questo momento la pace immediata in tutto il mondo, uffa. Io sto con X, uccideteci tutti.
Provate a togliere tutte le espressioni riconducibili a questa categoria (il mondo è cattivo, io sono buono) dalle notizie postate dai vostri contatti, rimane qualcosa? Di certo non questo post.
Buon agosto.
Ps più interessanti possono essere i dialoghi con i molto giovani che naturalmente sono più interessati al costo di un monopattino che ai neologismi ispirati dalla nuova religione corretta politicamente al loto selvatico a chilometro zero.
A scambiare due chiacchiere potrà capitare di scoprire termini come “quittare”, anche qui dall’inglese inevitabilmente, che indica abbandonare, uscire da un gioco, soprattutto digitale; oppure cringe che indica un certo senso di imbarazzo, o ancora flexare che sta per vantarsi di qualcosa che ha a che fare con il vil denaro, o scippare che oltre che nel senso convenzionale e già doppio napoletano (effettuare uno scippo, derubare qualcuno o anche procurare tagli sul volto a qualcuno) può più placidamente in altri contesti significare qualcosa che somiglia a “quotare” riferito specificamente a una coppia, per esempio: scippo Dante e Beatrice, a intendere che li vedo bene assieme. Sempre che qualcuno non si offenda.