Gli hamburger? Crescono sugli alberi. E le patatine? Sono fatte con la carne.
Gli hamburger crescono sugli alberi
Gli hamburger? Crescono sugli alberi. E il bacon? È di origine vegetale, così come anche gli hotdog, naturalmente. Ed è già tanto forse che non crescano direttamente sugli scaffali, visto che a rispondere così sono bambini statunitensi tra i 4 (junior) e i 7 anni (senior). L’origine erroneamente vegetale è indicata da una percentuale compresa tra il 36% e il 41%, mica poco.
È vero che, di converso, almeno un bimbo su tre considera di origine animale le patatine e le mandorle o comunque ignora da dove vengano pane, pasta formaggio (in linea, peraltro, con quanto emerge da altri studi sui cugini in UK), ma la questione di fondo e le preoccupazioni conseguenti riguardano principalmente la mancanza di conoscenza degli alimenti di origine animale. Quel che emerge da uno studio pubblicato dal Journal of Environmental Psychology non si ferma a questo, ma prova a ricostruire, per esempio, da dove questo scenario prenda origine.
Perché i bambini sanno poco dell’origine di quello che mangiamo
Le ragioni sono varie e concomitanti. I bambini non vivono certo nella casa nella prateria come i protagonisti di una fortunata serie televisiva degli anni Ottanta per cui conoscono poco e male il mondo animale. Il packaging dei prodotti non riporta certo immagini che facciano intendere chiaramente l’origine da parenti di Peppa Pig, la forma degli stessi non richiama per nulla un collegamento facile con gli animali dai quali prendono forma. I genitori, poi, hanno una comprensibile renitenza a spiegare bene bene qual è la filiera, sia per il rischio di urtare la sensibilità dei bimbi, sia anche per non rompere una certa complicità che fa perno anche sulla umanizzazione da giocattoli e cartoon di tanti ospiti della fattoria. Senza contare, naturalmente, il ricorso ad affermazioni fasulle pur di raggiungere il risultato: se non mangi le carote diventerai cieco!
Vi è poi anche un meccanismo mentale di rifiuto, evidentemente, o almeno di non collegamento che sta in capo ai bambini stessi. Anche quando viene loro raccontato che l’hamburger ha origine dalla mucca tendono a pensare che questo avvenga non diversamente dalla mela che spunta sull’albero. E finanche alcuni prodotti di chiara origine animale, espressamente indicata già nel nome, come per le crocchette di pollo, “chicken nuggets”, niente, i bimbi più piccoli faticano a considerarle di origine animale (poi meno, a partire dai 7-8 anni). E la percentuale dei bambini in età prescolare considera che di base gli animali non possano essere mangiati è elevatissima: l’85%.
Il rischio è, in realtà, che crescendo, apprendano sì la reale origine animale di quegli alimenti, ma finiscano per cibarsi quasi solo di quelli.
Eat Meat, Ossessione made in USA
Il consumo di carne è considerato un po’ a ogni latitudine come “naturale, normale, necessario”. Nel Paese della Grande Mela ancora di più e lo si evince dalla quantità impressionante di alimenti di origine animale ingurgitati in un anno. Oltre 200 libbre (più di 90 chili) a testa. A tanto ammonta, infatti, negli Stati Uniti il consumo pro capite annuo di carne, tra pollame e carni rosse. (In Cina, in cinquant’anni, sono passati da 5 a 50 chili cadauno).
Le ragioni sono varie, spesso riguardano anche aspetti prettamente culturali. Solo così, infatti, si può spiegare come mangiare carne di cavallo sia un tabù proprio in Usa ma rientri agevolmente nei menù di tanti altri paesi inclusi Belgio, Islanda, Indonesia e Giappone. Lasciando in pace i pipistrelli.
Tra le ragioni dell’impressionante consumo di carne in Usa la ricerca pubblicata sul Journal of Environmental Psychology ne evidenzia in particolare tre: lo status, la salute, la mascolinità. Tutti e tre, evidentemente, suscettibili di considerazioni mutabili nel tempo (sul tema carne rossa e salute, con rischi più che vantaggi, per esempio, vi è già una ricca e nota letteratura neanche recente). Senza scivolare verso le forme religiose del veganesimo, che spesso fa danni proprio alla causa che intende sostenere, una questione relativa alla quantità (e verrebbe da dire ancor più della qualità) di carne prodotta e consumata evidentemente c’è.
La carne e il clima
Diversamente da quanto si potrebbe essere portati a ritenere il consumo di carne, complessivamente, è in aumento e si prevede che raggiungerà il suo massimo storico nel 2025. Di là da questioni di sensibilità individuale sulle sorti degli animali (la distanza tra il pollo da batteria e quello del contadino possono favorire considerazioni non univoche, per esempio) una questione carne a tavola – come detto – è innegabile. Riguarda sicuramente la salute dei singoli (la carne buona, mangiata nella giusta quantità può essere un piacere per il palato e per la salute, ma negli Usa – e non solo – questo fenomeno tende a essere una vera rarità). Riguarda anche, direttamente, la sostenibilità e il futuro del pianeta. Non lo dicono le fan di Greta ma gli studi scientifici. Almeno il 14,5% delle emissioni responsabili dell’effetto serra, infatti, deriva dal bestiame. Educare da giovanissimi a una alimentazione più consapevole è sicuramente un obiettivo mirabile e tuttavia potrebbe essere insufficiente o richiedere tempi incompatibili con la salute del pianeta.
Quale carne sulle tavole domani
Un soccorso potrebbe venire, pare, da proteine alternative di origine vegetale. Uno studio della Boston Consulting Group, una delle più influenti società di consulenza finanziaria al mondo, stima che le pietanze con proteine alternative avrà una vera e propria esplosione nei prossimi anni fino a raggiungere non meno che l’11% del mercato globale entro il 2035 (lo studio è disponibile qui). Questo dovrebbe consentire di risparmiare qualcosa come un miliardo di tonnellate di emissioni di CO2. Niente male, detta così. Poi gli effetti sull’ecosistema di mutamenti così rilevanti rappresentano sempre un grande punto interrogativo che richiede prudenza, molta attenzione e procedure senza sbalzi. Se nel futuro, tuttavia, il consumo di carne sarà di molto ridotto, magari riservandola a occasioni speciali, mentre i chicken nuggets saranno prodotti con proteine alternative di origine vegetale potremmo scoprire che non sono male informati i bambini statunitensi intervistati per la ricerca, quanto piuttosto molto orientati al futuro. Quasi preveggenti.