Il modello del futuro è l’Hybrid Workplace, il meglio di lavorare in remoto in ufficio
Non necessariamente a casa ma nemmeno obbligatoriamente in ufficio. Il luogo di lavoro del futuro si chiama hybrid workplace, che è come dire “in medio stat virtus”.
Ancora pochi giorni e il lavoro da remoto uscirà dalla fase emergenziale per diventare uno strumento diffuso e strutturale nella vita di tutti i giorni e nella contrattazione nazionale e aziendale. Molte ancora le incognite, ma ciò che è certo è che nell’era post Covid l’ambiente di lavoro diventa fluido. In remoto oppure in presenza, non si tratta solo del luogo dove si svolge la prestazione professionale. Perché l’hybrid workplace sarà il modello organizzativo che metterà al centro l’esperienza del dipendente e dove la tecnologia giocherà un ruolo di primo piano. Così suggeriscono le numerosissime ricerche sull’argomento realizzate a partire dal 2020. Per esempio, un’indagine di Forrester Research, secondo cui il 70% delle aziende europee e statunitensi adotterà questo modello. O la ricerca condotta da Deloitte su 47 società clienti (realtà di diverse dimensioni e settori di mercato) che indica che soltanto il 21% delle aziende chiederà ai propri dipendenti di tornare al lavoro in presenza a tempo pieno, mentre il restante 79% passerà a un modello ibrido lasciando piena libertà di scelta sui giorni in cui presentarsi in sede (per il 34% delle aziende) oppure definendo un preciso calendario, in modo da ottimizzare l’uso degli spazi (45%).
Che cos’è il lavoro ibrido?
Nasce dal mix tra lavoro a distanza e lavoro in presenza. Non un semplice compromesso tra vecchio e nuovo, ma una modalità che punta a sintetizzare il meglio delle due esperienze rispondendo alle mutate esigenze dei lavoratori e creando al contempo organizzazioni sempre più competitive. In generale, un ambiente di lavoro ibrido è caratterizzato da un team ridotto in presenza e la maggior parte della squadra che gravita in maniera più libera attorno alla sede fisica dell’impresa, governata comunque da alcune regole di base quali, ad esempio, un’alternanza di presenza infrasettimanale o settimanale, piuttosto che un rientro in ufficio in caso di riunioni programmate. Uno dei cardini del lavoro ibrido è l’idea che la produttività sia connessa al raggiungimento degli obiettivi personali e aziendali, piuttosto che alle ore trascorse sul luogo di lavoro.
Ad oggi il modello di hybrid work è ancora in divenire: alcune aziende si stanno orientando verso una modalità “remote-first”, ovvero prevedono di adottare il lavoro da remoto come predominante e una presenza in ufficio occasionale senza però arrivare a soluzioni di pieno smart working, mentre altre aziende propendono per un approccio “office-first”, in cui l’ufficio rimane il luogo principale dove svolgere l’attività.
I vantaggi e i rischi dell’hybrid work
Sia per le aziende sia per i loro dipendenti, molti sono i potenziali benefici dell’approccio “ibrido”. La migliore gestione del tempo e degli spostamenti quotidiani, la possibilità di essere operativi anche in orari non canonici, il maggior grado di autonomia nella gestione dei progetti e delle scadenze, la tranquillità di poter lavorare immersi in un contesto più rilassato (anche se non sempre è così) come quello domestico: tutto questo può tradursi in una maggiore qualità della giornata lavorativa, in crescita professionale e anche in un incremento di produttività. A questo si aggiunge un notevole risparmio per l’azienda in termini di costi di gestione della struttura che ora può essere anche notevolmente ridotta negli spazi; la possibilità di poter attingere a un bacino di professionisti qualificati anche geograficamente distanti dalla sede di lavoro. Ovviamente esistono anche gli svantaggi. L’assenza di controllo, il maggior senso di isolamento (solo in parte controbilanciato dalle tecnologie), la mancanza di sincronicità in alcune comunicazioni possono anche incidere negativamente sulla produttività e sulla motivazione.
Tre elementi di criticità dell’hybrid workplace
Secondo lo studio di Harvard Business Review ci sono tre elementi di criticità che i manager devono considerare quando progettano una cultura di lavoro ibrida inclusiva. Il primo è dare alle persone la possibilità di lavorare quando lo desiderano senza imporre l’aspettativa che siano sempre disponibili. C’è poi da contrastare il fenomeno secondo il quale alcuni dipendenti si sentono isolati quando non lavorano da un ufficio mentre altri si sentono invasi dalle tecnologie di comunicazione. In ultimo mettere insieme le migliori pratiche possibili in un posto di lavoro ibrido e individuare quali sono preferite e premiate.
Lavoro agile, i numeri
Il lavoro ibrido, quindi, come passo successivo dello smart working. Ma quest’ultimo sparirà? La risposta è no. Anche se con l’avanzamento della campagna vaccinale il numero di coloro che hanno ricorso allo smart working è progressivamente diminuito, il graduale rientro in ufficio non ha segnato un suo declino. Al contrario, al termine della pandemia le organizzazioni prevedono un aumento degli smart worker. Secondo i risultati della ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, infatti, sarà introdotto nell’89% delle grandi aziende, nel 62% delle PA e nel 35% delle PMI. La scelta di proseguire con lo smart working è motivata dai benefici riscontrati da lavoratori e aziende. L’equilibrio fra lavoro e vita privata è migliorato per la maggior parte di grandi imprese (89%), PMI (55%) e PA (82%). Ma la combinazione di lavoro forzato da remoto e pandemia ha avuto anche conseguenze negative sugli smart worker: è calata dal 12% al 7% la percentuale di quelli pienamente “ingaggiati”, il 28% ha sofferto di tecnostress, il 17% di overworking. Trend confermato anche dal report annuale 2021 di Microsoft Work Trend Index secondo il quale ben il 60% dei lavoratori afferma che il passaggio al lavoro remoto è percepito come un allontanamento dalle relazioni personali ancora fondanti il senso di comunità di un team.