Gender Gap. A che punto siamo nel Bel Paese
L’Italia in fondo alla classifica europea. Il gentil sesso percepisce in media circa 3mila euro lordi in meno rispetto ai lavoratori uomini
Ci sono voluti soltanto 717 anni, ma eccomi qua: una donna ce l’ha fatta”. Con queste parole Antonella Polimeni solo poco più di un mese fa ha commentato la sua nomina a Rettrice dell’Università La Sapienza di Roma. Si tratta della prima donna a ricoprire quest’incarico. 1800? No, siamo alle soglie del 2021 e la notizia fa ancora scalpore.
“Chi dice donna dice danno”, sostiene un vecchio proverbio. E il danno c’è, eccome! Economico ci sarebbe da aggiungere. Esiste infatti un fenomeno chiamato gender pay gap: è la differenza che corre, a parità di mansione, fra lo stipendio di un uomo e quello di una donna. In parole povere significa che le donne guadagnano meno degli uomini. La legge è uguale per tutti, i contratti pure, ma nel corso della loro vita lavorativa, le carriere, le interruzioni, le scelte fatte o subite fanno sì che questa parità sia solo apparente. Sempre che il gentil sesso riesca a lavorare. E non accade solo in Italia, ma in tutti i Paesi del mondo.
I dati del Gender Gap Report 2020
Nel Bel Paese, in particolare, le lavoratrici guadagnano in un anno come se lavorassero più di un mese in meno dei colleghi uomini. Secondo il Gender Gap Report 2020 dell’Osservatorio JobPricing e Spring Professional, lo studio che ogni anno prova a capire meglio i tratti e le ragioni del gender pay gap in Italia, le donne percepiscono in media circa 3mila euro lordi in meno rispetto ai lavoratori uomini: su un anno lavorativo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre, cioè, è come se venissero pagate solo a partire dal 6 febbraio.
Un dato allarmante!
Eppure sembrava che il gender pay gap italiano si stesse riducendo. Per tre anni, dal 2016 al 2018, avevamo visto quasi la luce in fondo al tunnel. Ma tra il 2019 e 2020 il fenomeno è tornato a crescere.
Uno dei primi motivi per cui le lavoratrici donne guadagnano meno è perché più raramente si trovano in posizioni apicali: considerando sia il settore pubblico che privato, sempre secondo il Gender Gap Report 2020, appena il 46% dei quadri e il 32% dei dirigenti sono donne e, se si guarda al solo settore privato, la percentuale di donne in posizioni manageriali si abbassa al 26%. Neanche le cosiddette quote rosa sono servite a migliorare la questione. Anche quando la tipologia di inquadramento è la stessa, però, le lavoratrici italiane guadagnano meno rispetto ai propri colleghi uomini: oltre l’8% nel caso delle dirigenti donne e di più dell’11% sia per impiegate e sia per operaie donne.
Va meglio il settore tech
Negli ultimi due anni- secondo il nuovo report Women in Tech di Kaspersky – quasi la metà (49%) delle donne italiane che lavora nel settore tech ha notato una riduzione del gender gap all’interno dell’azienda per cui lavora. Inoltre, il 71% ha dichiarato che nel momento in cui ha sottoposto la propria candidatura per il primo ruolo nel settore tech le variabili che hanno inciso maggiormente sulla loro assunzione non includevano il genere ma solo competenze ed esperienza. Tenuto conto del breve lasso di tempo in cui questa progressione è avvenuta, si tratta di un passo avanti davvero positivo verso l’inclusività nel settore, ma i margini di miglioramento sono ancora tanti.
L’Europa ci guarda
A bacchettare l’Italia è intervenuto anche il Comitato europeo per i diritti sociali che nel suo ultimo rapporto ha esaminato la parità di genere sul posto di lavoro in 15 Stati membri. Risultato: solo la Svezia rispetta le normative, mentre in Italia c’è poca trasparenza e mancano azioni concrete.
Secondo il Global Gender Gap Index, sui temi dell’equità di genere il nostro Paese figura al 76esimo posto tra i 153 censiti e al 17esimo sui 20 dell’Europa Occidentale (peggio di noi solo Grecia, Malta e Cipro). Il gender gap costa all’Europa ben 370 miliardi di euro l’anno.
Ma quello che i dati ci diranno nei prossimi anni, inoltre, non può essere oggetto di grande ottimismo. La pandemia ha aggravato ulteriormente la situazione in Italia: secondo l’lstat dei 101mila posti di lavoro persi a dicembre 2020, 99mila erano femminili. In tutto il 2020 sono stati persi 444mila posti, di cui 312mila da donne. Un dato drammatico se si pensa che il tasso di occupazione femminile è inferiore del 20% rispetto al maschile. Se la situazione stava migliorando, lentamente e a fatica, il macigno della crisi economica verrà ancora una volta portato dalle lavoratrici. Si stima che serviranno circa 55 anni per raggiungere la parità retributiva. Un tempo davvero inaccettabile.