Catcalling: di cosa parliamo?
Ogni donna almeno una volta nella vita ha subito catcalling. Molestia o banale complimento? In Italia è reato?
Complimenti volgari, apprezzamenti non richiesti, insulti sessisti. Succede ogni giorno a tantissime giovani donne. E’ il catcalling, il termine del momento. Se ne sente parlare in questi giorni dovunque, sui social network, nei talkshow, in tv. L’argomento è tornato alla ribalta per lo sfogo di Aurora Ramazzotti, figlia di Eros Ramazzotti e Michelle Hunziker, che ha utilizzato Instagram per lamentarsi dei commenti sessisti ricevuti mentre faceva jogging. Un post che ha scatenato una diatriba tra coloro che l’hanno etichettato come un fenomeno irrispettoso e volgare e chi ha sostenuto si trattasse solo di banali complimenti. E quella della Ramazzotti è solo l’ultima denuncia pubblica in ordine di tempo. Possono essere fischi, strombazzamenti con il clacson, gestacci, commenti e battute a sfondo sessuale, inseguimenti e offese riguardo all’aspetto fisico. Ciò che è certo è che, se si subisce il catcalling, la sensazione che prova una donna non è certo quella di sentirsi lusingata o apprezzata, anzi.
Ma di cosa si tratta esattamente?
Secondo quanto si legge sul sito dell’Accademia della Crusca, che ha ricostruito l’origine del termine, il catcalling nasce dalla fusione delle parole “cat” (gatto) e “calling” (chiamare) e non è altro che una “molestia sessuale, prevalentemente verbale, che avviene in strada”: si tratta in poche parole del classico volgare commento che – purtroppo – ogni donna ha ricevuto almeno una volta nella vita da un uomo o, più frequentemente, da un gruppo di uomini camminando per qualunque città. Catcalling è attestato col significato attuale a partire dal 1956. La sua etimologia sembrerebbe derivare dal verbo (to) “catcall”, uno strumento che si usava a teatro nel XVII secolo, in Inghilterra. Aveva per lo più il significato di “grido, lamento, suono simile a un lamento”, come il verso di un gatto (cat) arrabbiato, e indicava l’atto di fischiare a teatro gli artisti sgraditi. L’Accademia della Crusca ha riconosciuto il termine nel 2013 quando è entrato a far parte del linguaggio comune fino a diventare una battaglia per l’emancipazione femminile. Già nel 2015, secondo uno studio condotto dalla Cornell University, quasi l’80% delle ragazze intervistate in Italia aveva dichiarato di aver subito almeno un episodio di catcalling al di sotto dei 17 anni. Ed un’esperienza del genere segna le donne che la subiscono in modi diversi: alcune vittime hanno detto esplicitamente di fare molta più attenzione al tipo di abbigliamento scelto quando vanno in giro, mentre altre tendono a evitare una strada piuttosto che un’altra, a seconda di quanto sia frequentata.
Street Harassment ovvero molestie di strada
Ed anche se, come abbiamo detto, il catcalling è rivolto soprattutto alle donne, può riguardare anche persone appartenenti ad altre categorie. Questo termine, infatti, è associato al cosiddetto “street harassment” e dunque alle molestie sessuali o offensive che avvengono nei luoghi pubblici.
Secondo un recente articolo dell’organizzazione no-profit Stop Street Harassment, le molestie di strada includono anche insulti omofobici, transfobici e altri commenti che fanno riferimento a etnia, religione, classe sociale e disabilità: ciò a dimostrazione che, il più delle volte, questo genere di molestie non sono che un riflesso del sentimento discriminatorio radicato nella società.
Il catcalling è un reato?
E sullo sfondo di questo modo di fare al limite della decenza, l’Italia è uno dei pochi paesi civili a non avere una legge che tuteli le vittime. Il governo francese nel 2018 ha approvato una legge che dichiara punibile il catcalling su strade o mezzi di trasporto pubblico con multe fino a 750 euro, oltre a una mora per comportamenti più aggressivi. In Perù vigono leggi contro simili pratiche dal marzo 2015 e negli Stati Uniti leggi che riguardano le molestie di strada sono ad esempio presenti in Illinois. Anche in altri Paesi il comportamento è punito, come in Belgio e in Portogallo. In Italia, invece, non esiste un reato specifico per punire il catcalling. E non c’è da meravigliarsi, visto che in molti continuano a sostenere che questo genere di apprezzamenti non siano affatto “molesti” ma che, al contrario, si traducano in complimenti “innocenti”. Ma – reato o no – la verità è che manifestano una cultura sessista, arretrata e patriarcale dalla quale le donne prima o poi sperano di liberarsi.